sabato 8 marzo 2008

KEVIN

Amo il baseball. Lo adoro letteralmente, almeno oggi, lo adoro, perché grazie a lui sono felice. Non vorrei, però, che qualcuno fraintendesse. Primo: l'unico vero amore della mia vita rimane il football americano. Verità incontrovertibile. Secondo: il baseball da vedere è noioso. Da giocare è divertente, non proprio meraviglioso, ma divertente, questo sì. Mia verità incontrovertibile. Tuttavia, e questo chiamiamolo terzo, come capofamiglia ho fatto ripetutamente schifo. Verità incontrovertibile delle mie ex mogli.


Il collegamento tra questi concetti c'è, non preoccupatevi; sono solo un po' contorto.


Approfondiamo la verità incontrovertibile delle mie mogli. Innanzitutto le ho tradite, ripetutamente. A mia parziale giustificazione adduco il fatto che, sì, insomma è difficile essere fedeli quando frequenti festini di squadra in cui bevi fino a dimenticarti di esserci andato a una festa, e il mattino dopo, senza sapere, ti risvegli indossando il tanga di una splendida ragazza in coma sul divano accanto a te vestita unicamente del tuo sospensorio.


Detto che il filo del tanga ti sega il culo, e non so come le donne possano indossarlo, devo precisare che nella maggior parte dei casi, manco mi ricordo di averle tradite, ma credo cambi poco: la minoranza dei casi è più che sufficiente. A questo aggiungiamo il fatto che durante la stagione a casa ci stavo pochissimo. E anche se c'ero fisicamente, mentalmente ero altrove. O mi chiudevo nella stanza dei pesi a continuare ad allenarmi oppure vedevo filmati di partite delle squadre avversarie. Un compagnone insomma. In offseason, mi allenavo comunque, quindi cambiava poco. Così ad accompagnare i figli a scuola ci andava la moglie di turno, commissioni, doposcuola, attività sportive, colloqui con gli insegnanti, sempre la moglie di turno. C'è poco da stupirsi che sia andata anche dall'avvocato di turno.


Come padre la situazione non è molto migliore. Sotto il profilo economico non gli ho mai fatto mancare niente, questo mi va riconosciuto. Peccato che il profilo economico non ti renda un buon padre. Semplicemente non ti fa essere uno stronzo figlio di puttana. I miei due figli, uno per moglie durante la stagione, li vedevo solo per compleanni e festività, se non c'erano concomitanti partite di campionato, ovviamente. In offseason una volta ogni due settimane e il resto del tempo mi beavo del mio essere un atleta professionistico single. Ritiratomi, ero troppo impegnato a piangermi addosso e ad ubriacarmi per pensare a loro: domani non posso venire ho un'intervista in Georgia con un ragazzo molto talentuoso. Per il saggio di balletto di Karen, chiedile scusa da parte mia, ma c'è un'improvvisa riunione di lavoro. Perdonami, ma... pietose bugie per stare a casa a bere o per uscire con qualche donna di passaggio.


E adesso devo ringraziare il baseball se forse magari ho iniziato a recuperare punti con i miei figli. Chi l’avrebbe mai detto, io che ringrazio quello sport effeminato che ho sempre detestato.


Il tutto è iniziato ieri sera. Al lavoro mi ero trattenuto fino a tardi con Daniel per finire di montare un pezzo su una piccola scuola dell’Arkansas, salita agli onori della cronaca perché, nonostante l’organico consistesse in complessivi 12 giocatori, avevano vinto il torneo scolastico della loro zona. Una bella favola, probabilmente qualcuno un giorno ci avrebbe anche scritto un libro. Daniel ed io ci accontentammo di un servizio di 5 minuti. Data l’ora, me ne ero andato a casa fermandomi a fare tappa intermedia nella pizzeria da asporto di Gennaro, il cui proprietario si chiama John, ma ha scelto Gennaro, perché da militare aveva prestato servizio nella base nato di Napoli e lì aveva imparato a fare la pizza proprio da un certo Gennaro, oltre al gioco delle tre carte, ma su questo sorvolo. Al solito ordinai la pizza eccetera, chiamata così perché gli ingredienti sono troppi e sul listino dopo i primi sei c’è scritto appunto eccetera.


Rientrato a casa mi sono piazzato in cucina e ho mangiato la pizza con un paio di belle birre gelate, guardando una sit-com, quella con protagonista James Belushi. Mi fa sempre ridere, soprattutto quando spera che i Bears vincano qualcosa. Terminati pizza e programma mi sono diretto in salotto. Mi sono seduto sul divano e ho fatto una telefonata. Dopo tre squilli mi ha risposto la mia ex moglie; la mia seconda ex moglie.


Immaginavo fossi tu. Lasciami indovinare: domani non vieni a vedere la partita di Kevin…”


La mia dolcissima seconda ex moglie. Non c’è nessuna ironia nelle mie parole, dovreste sentire come mi risponde l’altra.


No, no, avevo solo voglia di sentire Kevin e confermargli l’impegno di domani.”


Delle due una: o tu non sei Alvin Santisky, oppure esiste un giocatore di football di nome Kevin che devi intervistare domani e hai sbagliato numero.”


Non potevo nemmeno arrabbiarmi, aveva completamente ragione. Il numero di volte che avevo bidonato mio figlio era superiore al numero di placcaggi che avevo subito in vita mia. Non una cosa di cui andare fieri.


So che non ci crederai comunque, ma sono proprio io e vorrei parlare con mio figlio.”


Hai ragione, non ci credo. Kevin, prendi il telefono, è uno sconosciuto che fa finta di essere tuo padre.” Impagabile, anzi no, so quanto la pago al mese per farmi prendere per i fondelli. Ma la cosa vergognosa, e non ditelo in giro se no lei chiederà di più, è che il di più lo meriterebbe proprio.


Pronto?” disse Kevin con la sua voce da undicenne, assonnato.


Ciao Kevin, sono papà.”


Silenzio. Sbuffo. Altro silenzio. Voce annoiata.


Lo so, non ti preoccupare. Un impegno improvviso. Non sei riuscito a sganciarti. Non ti preoccupare. Lo so mi vuoi bene.”


Non pensavo di aver preso così tanti placcaggi in vita mia.


No. Kevin. Non è per quello che ti chiamavo, ma era proprio il contrario. Volevo solo darti la conferma che domani ti passavo a prendere da casa e saremmo andati insieme alla partita.”


Silenzio.


Mamma, hai ragione. Non è papà…”


La simpatia ai miei danni in quella casa si vende un tanto al chilo…


Domani vediamo se sono io o meno. E per tutto il tempo che tu lancerai io non farò altro che parlare di football con i genitori dei tuoi amici.”


Era un colpo basso della peggior specie. A lui dà giustamente fastidio quando, pur accompagnandolo, non seguo la partita, preferendo passare il tempo conversando sugli spalti. E ovviamente, quelle rare volte in cui ho assistito alle sue partite, mi sono sempre ritrovato a chiacchierare con altri tre o quattro padri su questo o quel giocatore di football, infervorandomi al punto da non sapere nemmeno il risultato finale della partita di Kevin. Una volta era addirittura uscito dal campo al primo inning per una storta e io non solo non me ne ero accorto, ma a fine partita gli avevo persino fatto i complimenti per come aveva giocato. Kevin non mi parlò per un mese intero.


Non contento di schifare le gesta atletiche di mio figlio, rimanevo sugli spalti a firmare autografi e parlare ben oltre la fine della partita, cosicché Kevin e i suoi amici, per colpa mia, dovevano pure aspettarci per poter tornare a casa. A dirla tutta, questo comportamento non è solo colpa mia. Non sono io a iniziare. Mi riconoscono e mi ci tirano dentro, nelle conversazioni sul football. Io mi limito a non opporre alcuna resistenza.


Un grido dall’altro capo del telefono mi forò il timpano destro.


No. Non puoi farlo ogni volta. Tu vieni per vedere me, non per parlare sempre e solo di football.”


Risata mia.


Non ti preoccupare, stavo scherzando. Ti prometto che domani vengo con un cappello e occhiali scuri e non mi faccio riconoscere da nessuno.”


Non ci credo.” ribattè mio figlio con un filo di voce, un po’ imbronciata. E come dargli torto, dati i precedenti?


Avresti mai creduto a questa telefonata?”


No.”


E allora vedrai che domani ti stupisco ancora.” Il grande Alvin Santisky sicuro dei suoi mezzi.


Vedremo” Il piccolo Kevin Santisky totalmente insicuro dei mezzi del grande Alvin Santisky.


Smettila di fare così, se no mi sento un padre peggiore di quello che sono stato….” Rifletto su quello che ho detto. Non mi ci vuole molto. “Non dire niente. Lo so pure io…. Adesso ti lascio andare a dormire. Immagino che tua madre sia lì davanti dicendo che ti sto facendo fare tardi, vero?”


Vero.” rispose ridacchiando complice.


Allora ti auguro una buonanotte e ci vediamo domani per la partita. D’accordo, Kevin?”


D’accordo.” disse sempre ridendo. “Buonanotte.”


“’Notte”


Stavo per mettere giù. Poi sento.


Papà…”


Riporto la cornetta all’orecchio.


Papà.”


Sì, Kevin?”


Ma tu, prima delle partite, riuscivi ad andare a letto presto?”


Opzione uno, quella preferita dalla mamma e mia ex moglie: certo Kevin. Riposo e riposo.


La scartai subito. Mio figlio ha preso dal nonno e dalla nonna e dalla madre. È più intelligente di me. Poco da dire. Mi avrebbe scoperto subito a mentire. Inoltre, di balle gliene avevo raccontate fin troppe e se quella telefonata aveva un senso era proprio quello di dire a mio figlio: tuo padre ha deciso di essere un buon padre e di non prenderti per il culo mai più.


Opzione due: la verità.


Per andare a letto presto, capitava pure. Ma riuscire a dormire, manco per sogno. La tensione del match mi ha sempre reso insonne. Mi ricordo che i primi tempi mi giravo e rigiravo nel letto per ore senza ottenere alcun risultato. E dopo un po’ finiva che manco ci andavo, a letto, e mi accendevo direttamente la televisione. Mi piazzavo sul divano a fissarla inebetito fino alle quattro del mattino oppure mi mettevo a leggere. Quanti libri ho letto in quelle nottate in bianco, non ne hai idea.”


Ok, non proprio tutta la verità. Qualche sera pre-partita l'ho passata in maniera diversa e se Kevin è nato deve proprio ringraziare una di quelle sere. Tuttavia non credo fosse ancora arrivato il momento di spiegarglielo. Avrebbe capito da solo, col tempo.


Mi limitai a un ultimo avvertimento, ma più per me che per lui.


A tua madre però di che andavo sempre a letto presto, che poi mi accusa di dare il cattivo esempio. Mi fai questo favore?”


Altra squillante risata.


Vabeneeeeeeeeee.”


Grazie e buonanotte.”


Buonanotte papà.”


Buonanotte papà, che splendide parole. Mi fecero sentire veramente bene.


E decisi di andarmene subito a letto anche io. Per cui, dopo una rapida ma efficiente sosta in bagno, mi infilai il pigiama e andai sotto le coperte. Ero piuttosto stanco, ma il libro sul comodino era quasi finito, per cui lo presi in mano e iniziai a leggerlo.


Si trattava di Sandy Koufax: A Lefty's LegacY, la più completa biografia mai scritta su Sandy Koufax. Ogni parola una staffilata al cuore. Una lettura durissima per me, tenendo in considerazione che io odio Sandy Koufax. Non sto esagerando: per quel giocatore provo lo stesso odio che poteva provare un tifoso dei Giants vedendolo in campo spappolare il proprio beniamino di turno. È qualcosa di profondo, viscerale, radicato in me come il mio amore sconfinato per il football. So che suona assurdo dato il mio disinteresse per il baseball. Già tanto se so le regole, non tutte, perché tutte non le sa nessuno, ma lui lo odio e in questo non sono per niente torta di mele né tanto meno ebreo. Se sei americano, infatti, il baseball è una fede, se sei un ebreo americano il baseball si riduce a due parole: Sandy Koufax. Persino mio padre, che di sport era interessato meno di niente, me ne parlava con gli occhi estatici. Assurdo.


Ora, il mio odio per Koufax non deriva per reazione a questa passione di mio padre, al massimo avrei potuto provare invidia, perché le gesta di Koufax lo esaltavano, mentre le mie imprese sportive, pur con le debite proporzioni, le giudicava una perdita di tempo.


Questo profondo sentimento di insofferenza non deriva nemmeno da un record o da una particolare partita o da un altro fatto collegato al baseball giocato.


Deriva per opposto dal suo decidere di smettere di giocare a baseball, mentre era all’apice del successo. Quando era ancora IL lanciatore per antonomasia, l’imbattibile, l’invincibile.


È questo che io odio di lui.


Un anno giochi 41 partite, collezioni 27 vittorie a fronte di sole 9 sconfitte (dal 1966 solo un altro mancino c’è riuscito); concedi meno punti di qualsiasi altro lanciatore (1.73 di ERA dal 1966 nessun mancino l’ha eguagliato) spari la bellezza di oltre trecento strike out e ti ritiri? Tutti ti acclamano, i tuoi tifosi ti venerano, i tuoi avversari ti temono e tu che fai? Decidi di ritirarti a soli 31 anni? Come si fa a non odiarlo? Io che di notte mi sveglio ancora con l’odore del cuoio del pallone da football e il rumore dei miei passi sull’erba al momento di uscire dal tunnel. E lui si ritira. Ma come c’è riuscito? Ok, aveva gravissimi problemi al braccio sinistro, rischiava seriamente la paralisi se avesse continuato. Eppure, eppure non so ancora come ci sia riuscito. Io anche senza una gamba avrei continuato. I medici hanno cercato di dissuadermi dal continuare ininterrottamente dai 32 anni ai 39. E io dritto per la mia strada. Con il risultato che adesso sono in lista per un'operazione ricostruttiva al ginocchio perchè anche sedermi è diventato uno sforzo dolorosissimo.


Kevin fortunatamente non ha ereditato la mia cocciutaggine e, in generale, il mio caratteraccio e questo fa di lui un ragazzo meraviglioso, intelligente e simpatico. L’unica cosa decente che gli ho passato è un gran braccio, ma lui al posto di utilizzarlo nel football non decide di provare con il baseball, incurante delle inclinazioni paterne? Devo riconoscere che per ora se la cava molto, molto bene. Lanciatore, ebreo (o meglio con un cognome ebraico), cresciuto a Los Angeles con il mito dei Dodgers, per di più mancino e con un padre troppo impegnato a tirare avanti la sua carriera per occuparsi di lui, era ovvio che il suo mito fosse Sandy Koufax. Esatto, Sandy Koufax. Tutta colpa di suo nonno paterno che non fa altro che parlare di lui. A me, mio papà raccomandava di studiare e smetterla di perdere tempo con lo sport, che con lo sport non vai da nessuna parte e anche se ci vai rimani sempre un ignorante patentato. Adesso con Kevin è tutto un incitamento a giocare, a coltivare la sua passione per il baseball. Alla faccia della coerenza educativa.


Non è bello quando tuo figlio ha come eroe una persona che tu odi. Non è per niente bello. Ma è mio figlio e se per riuscire a porre rimedio a tutte le cazzate che ho commesso nel corso degli anni, mi tocca diventare il massimo esperto mondiale di Sandy Koufax, ebbene, lo faccio con piacere.


Dopo tre pagine dedicate alla world series del 1965, dove ovviamente Koufax fu eletto MVP, ero già addormentato.


Il giorno successivo mantenni i patti. Avevo schivato una riunione di lavoro e saltato un pranzo, sempre di lavoro, per arrivare puntuale a casa di Liza. Lì avevo preso su Kevin, ma solo dopo dodici minuti e tredici secondi di raccomandazioni e paternali da parte della mia ex moglie. Non ci badai. Crescere con una madre italiana mi aveva allenato a raccomandazioni ben più lunghe, sotto i venti minuti le catalogo come saluti.


Alle 15.00 ero seduto sugli spalti in legno a vedere la partita di mio figlio. Come da accordi ero travestito. Mi ero nascosto sotto un cappellino da baseball dei Los Angeles Dodgers con visiera lunga e dietro un paio di occhiali da sole, sebbene la giornata fosse tutt’altro che luminosa. Indossare il cappellino mi era costato cinque minuti di iperventilazione e di giuramenti ai miei capelli che era per una buona causa e che nei limiti del possibile non sarebbe successo mai più. Accanto a me, c’era un tipo con un giubbotto dei Rams. Tentazione football, ma io stoico resistetti. Non ci sarei cascato. Riuscii anche a non stuzzicarlo sulla possibilità di un loro ritorno in città.


Purtroppo, mi avvicinò un uomo sulla quarantina, mascella ben rasata vestiti eleganti ed orologio di rappresentanza. Me lo vedevo al dopo lavoro a bere una birra con i colleghi guardando un maxischermo al plasma con una bella partita di college football davanti.


Signor Santisky, che mi può dire di USC, quanto li scassiamo quest'anno quelli di Cal?”. Che vi avevo detto? Subito una domanda di college football. La sfida tra University of South California e Università di California Berkeley. Un must per ogni tifoso dello stato.


Era una splendida domanda, di quelle su cui puoi raccontare aneddoti per ore e ore, ma io la stramaledissi. Era la prova che non avrei voluto affrontare. Rispondendo avrei potuto passare il resto della partita a parlare di football. Insomma, mi sarebbe passata benissimo. Non mi sarei nemmeno accorto del passare del tempo e dell'ultima eliminazione.


Ma per una volta potevo pure pensare alla gioia di qualcun altro e non alla mia. E nonostante la tentazione -una splendida tentazione, va detto- pensai a Kevin, alle infinite occasioni perse e a quanto poco potessi rischiare.


Mi scusi, non la prenda come una scortesia, ma sono qui per vedere mio figlio. Gli ho promesso di seguire con attenzione tutta la partita e di non distrarmi come il mio solito. Mi appello alla sua solidarietà paterna. Non mi induca in tentazione.”


Il tipo capì al volo.


Divorziato?”


Assentii.


Non occorre aggiungere altro. Non la disturbo più.” concluse lo sconosciuto con un sorriso da dodicimila dollari.


Grazie.” Gli chiesi un biglietto da visita promettendogli che gli avrei mandato una mail con qualche dritta per sdebitarmi.


Lui ringraziò e tornò dai suoi amici.


A quel punto fui libero di concentrarmi su mio figlio. Il travestimento, però era uno solo dei trucchi a cui avevo deciso di ricorrere quel giorno. C’era anche da affrontare la noia strutturale del baseball. Del baseball è bello parlarne, è una vera bibbia di storielle simpatiche, e non è male da giocare, ma vederlo dovrebbe essere vietato se non hai del cibo per riempire quel tempo morto che inizia con il primo lancio del match e finisce con l’ultimo. Affrontai il problema sbadigli di petto, da vero uomo. Applicai l’antico adagio secondo cui è difficile sbadigliare con la bocca piena per cui, alla faccia della dieta, mi portai dietro tre hot dog, quattro birre, cinque pacchetti di popcorn king size e qualche barretta di cioccolato. Grazie a questo astuto sotterfugio, riuscii a limitarmi a una media di due sbadigli per inning. La mia migliore prestazione in assoluto. Persino quando al college avevo giocato qualche partita come lanciatore, avevo collezionato un numero di bocche aperte a voragine più elevato.


Non solo, confesso la sinistra circostanza che quel giorno non mi annoiai più di tanto, anzi. Quando mio figlio era sul monte, il cibo veniva messo da parte e la noia scompariva sostituita da fulminei attacchi di panico. Iniziavo a sudare come un ghiacciolo chiuso in una sauna ed ero teso più di quanto mi fosse mai capitato in carriera. A ognuno dei suoi lanci trattenevo il fiato e chiedevo a chi mi stava vicino se il battitore era forte o meno. Già al secondo inning rischiai di essere sbattuto fuori perché avevo rotto le balle a tutti quelli che mi stavano vicini. Al termine del terzo inning mio figlio riuscì a salvarsi da due uomini in seconda e in terza con un solo out a suo favore. I successivi due battitori furono eliminati al piatto, senza nessuna pietà. Quando l’arbitro chiamò l’ultimo strike, il cappellino dei Dodgers finì in cielo e io mi ritrovai abbracciato con il tifoso dei Rams. Non apprezzò moltissimo. Io gli spiegai che ero il padre del lanciatore. Lui annuì, si staccò e si spostò un paio di metri più in là. Andai a riprendere il cappellino e tornai a sedermi, domandandomi se per caso qualcuno non mi avesse preso per quello che non ero. Mio figlio tornando nel dugout, mi sorrise. Devo ripeterlo. Mi sorrise. È un evento piuttosto raro nella nostra relazione padre figlio. Nei sei anni trascorsi dal divorzio da sua madre oserei dire rarissimo se non unico. Era stanco, ma soddisfatto. Io dietro agli occhiali da sole e al cappellino sorrisi di rimando, felice di essere per una volta riuscito a non deluderlo. La partita finì 6 a 2 per la squadra di Kevin con lui dichiarato lanciatore vincente senza essere più rientrato in campo dato che aveva terminato i 75 lanci a sua disposizione. Inutile dire che dopo la sua uscita mi spazzolai tutto il cibo che mi ero portato. Quindi, leggermente appesantito, al termine del match mi precipitai verso la panchina per fargli i complimenti. Lui li accolse, ma non entusiasta come avrei voluto. Non me ne stupii troppo. Non bastava certo una partita per essere eletto padre dell’anno. E lo sapevo.


Mentre lui raccoglieva la sua roba, mi capitò di sentire un dialogo tra due suoi compagni e in confronto il giubbotto dei rams e l'uomo dal sorriso bionico non mi avevano nemmeno testato. Fu ascoltando quei due mocciosi che veramente dovetti ricorrere a tutto l'autocontrollo di cui ero dotato.


Smettila con questa storia che a L.A. non abbiamo una squadra di football professionistico. Hai rotto le scatole e poi è meglio non averla che avere una squadra tipo i Lions tra i piedi. Dai non hanno avuto un giocatore decente negli ultimi trent’anni, Barry Sanders a parte…”


Questo è vero, ma io parlavo di vere squadre di football, mica dei Lions…”


Eresia, bestemmia. Fitta al cuore e quasi infarto. Anche escludendo me e non capisco perché escludere me, perché qualche annata sopra le righe l’ho avuta pure io,; comunque, anche escludendo me, dicevo, c'era un elenco infinito di splendidi giocatori passati per Detroit. Chi erano quei bambocci per parlare in quella maniera? Adesso li mettevo in regola io. Ed ero pronto a snocciolarlo quell'elenco in puro ordine alfabetico. Quando mi ricordai della promessa a Kevin.


Kevin ti aspetto alla macchina.”


Tutto qui. Lo dissi con una voce troppo alta rispetto al necessario e mi allontanai in tutta fretta prima di uscire con qualcosa di cui mi sarei sicuramente pentito.


Appena chiuso lo sportello, ho lanciato il berretto dei Dodgers sul sedile posteriore. E con orgoglio e pure un po’ di incazzatura mi sono messo il mio sbrindellatissimo, vissutissimo e, soprattutto, amatissimo cappellino dei Detroit Lions. Respirai un paio di volte per riprendere il controllo. Chi mi conosce un po’ sa che sono un tipo sottilmente suscettibile, ma toccarmi i Lions equivale a cercare rissa. E non ne faccio una questione di età, chiunque insulta i miei Lions deve essere punito.


Ciao papà!” mi salutò mio figlio salendo accanto a me. Poi, fatto straordinario, si allungò sul sedile e mi venne a dare un bacio sulla guancia. Non l’aveva mai fatto, se non dietro esplicita richiesta mia oppure altrettanto esplicito ordine di sua madre.


Ero sbigottito e lui se ne accorse.


Sei stato bravissimo. Ti sei presentato in incognito, anche se si vedeva benissimo che eri tu. Non hai parlato di football con nessuno, seguendo invece tutta la partita con attenzione, hot dog a parte. Ma la cosa veramente incredibile è che non ti sei nemmeno arrabbiato quando Mike e C.J. hanno fatto il loro siparietto insultando i tuoi Lions.”


Disse mio figlio, mentre si allacciava la cintura con l’aria più innocente e innocua del mondo. Che bastardo.


Mi hai messo alla prova!”


Sì!” rispose serafico.


Non era una domanda era un’affermazione, mio figlio mi mette alla prova. Ma ti rendi conto?”


Sì!” Nessun pentimento. Undici anni e si permette di organizzare una meschina messinscena ai danni di suo padre, colpendolo, peraltro, nei suoi affetti più cari, e non si pente nemmeno? Avevo a che fare con un futuro Al Capone.


Mentre guardavo i suoi occhi neri e il suo sorriso, divertito, capii di essermelo meritato. Troppo spesso avevo anteposto il football a lui. Una piccola rivincita se la doveva prendere.


Andiamo a magiare qualcosa, avrai fame, piccolo terrorista emotivo.”


In quel momento squillò il cellulare di Kevin.


Sì mamma, tutto a posto. No mamma, non se ne è andato via a metà partita inventandosi qualche appuntamento. Sì mamma, te lo giuro. No mamma, non mi ha dato dei soldi perché lo coprissi.”


Liza, guarda che sono qui.” Intervenni, tanto per rassicurarla. Che poi non so quanto questo la rassicurasse, ma tant’è.


Sentito, mamma? Adesso veniamo a casa. Sì, diretti a casa. No mamma, non mi porta in un fast food. Tranquilla. Sì mamma, ti voglio bene.” Chiusa la conversazione si rivolse a me. “Sai come è fatta, si preoccupa sempre. Tu piuttosto dirigiti al primo Kentucky Fried Chicken che trovi, ho un buco così in pancia.”


Non si era detto niente fast food?” feci notare io sollevando un sopracciglio.


Ehi, sono un bambino di undici anni. Nessuno si aspetta da me che io obbedisca alla mamma.”


Vero, ma io…”


Tu sei un bambino di quaranta e passa anni che non vuole deludere il suo unico figlio maschio, vero?” e sbatté gli occhi con tale sfrontatezza da farmi sorridere.


Te ne approfitti e non ti vergogni nemmeno ad ammetterlo. Impressionante. Lascia stare il baseball, diventerai un grande avvocato come lo zio Steve. E adesso Kentucky Fried Chicken arriviamo!”


Un quarto d’ora dopo stavo divorando cosce di pollo fritte alla facciaccia del mio dietologo.


E Karen come sta?” è l’altra mia figlia, avuta dal precedente matrimonio. Le mie ex mogli, unite dal mio fascino, hanno sempre fatto comunella ai miei danni e così Karen e Kevin son cresciuti proprio come fratello e sorella. Sempre insieme.


Non benissimo. Al momento sta affrontando un passaggio molto critico nella sua evoluzione sessuale. Non accetta il suo corpo eppure sente il prorompente fascino di quello maschile. Questo la spinge a non piacersi finendo per cercare di omologarsi a modelli negativi tanto in voga nella nostra massificazione moderna, rischiando, così, di rovinarsi con anoressia o altri problemi connaturati all’aspetto esteriore.”


Rimasi con la bocca aperta e una coscia di pollo sospesa davanti a mezz’aria. Ok, ok, mio figlio è molto intelligente, ha preso da sua madre e dai nonni, ma questo era troppo. A undici anni non puoi parlare in quella maniera. Saresti un mostro.


Non fare quella faccia. Ti sto solo dicendo quello che ho sentito raccontare da mia madre a zia Kathrine. Ieri l’altro mentre giocavo con la playstation in salotto.” Kathrine è la mia prima ex moglie.


Non pensavo che Karen fosse così in crisi, forse dovrei parlarle.”


Kevin diede un bel morso al suo hamburger di pollo.


Sei impazzito? Mia madre e la zia non sapevano come comportarsi, ma su un punto erano d’accordo. Meglio se tu ne rimani fuori.”


Perché scusa?” La coscia di pollo terminò finalmente il suo volo finendo masticata allegramente.


Perché tu sei un caterpillar emozionale. Per te tutto è bianco o nero, ti sfuggono completamente le sfumature. E poi sei una figura maschile, in questo momento causa di confusione per Karen.” E io che l’ho sempre visto come un pregio vedere il bianco e il nero ben distinti.


Hanno detto altro di me?”


Vuoi veramente saperlo?”


Non ci penso nemmeno. Però con Karen mi piacerebbe uscire lo stesso. Se porto fuori voi due insieme, magari Liza e Kathrine me lo permetteranno. E una volta fuori starò alla finestra e non dirò niente, finchè lei non inizierà il discorso, se lo inizierà.”


Mi sembra giusto, ma riconquistare lei sarà molto più difficile che riconquistare me. Io ho undici anni, i miei problemi emotivi sono facilmente superabili. Un pomeriggio a giocare con la playstation e si risolvono. Non ho ancora difficoltà relazionali con persone di un altro sesso. Insomma, a me le ragazze per ora non interessano e non capisco come possano interessarmi in futuro. Ma funziona così e io non ci posso fare niente. Per mia sorella è diverso. Karen è in un periodo di elevata fragilità emotiva correlato a un’esplosione ormonale acuita dai messaggi erotico-sessuali della società odierna. Ovviamente un tuo intervento intempestivo, potrebbe essere visto come un tentativo di castrazione dei suoi desideri di sviluppo, fatto questo che aumenterebbe la sua fragilità e la sua confusione. Accidenti, ho finito la coca-cola. Tu ne hai un po’?”


Sempre a citare mamma e la zia Kathrine?”


Solo in parte. L’opinione su di me è farina del mio sacco, i paroloni su Karen sono loro. Anzi, a proposito, mi potresti spiegare esattamente i concetti di esplosione ormonale e di messaggi erotico sessuali? Le parole le conosco e non ti preoccupare, le api e i fiori non devi spiegarmeli, ma il concetto complessivo mi sfugge.”


Quando arrivi all’adolescenza tutto diventa un casino.” E così sintetizzai milioni di parole spese sui problemi adolescenziali e gli passai la mia bibita.


Immaginavo.” E giù a finire anche la mia di coca-cola.


Comunque, smettiamo di parlare di cose di cui dovrò preoccuparmi fra qualche anno. Piaciuta la partita?”


Guarda per quel che ne capisco, sei stato magnifico. In particolare quando con uomini in seconda e in terza sei riuscito a controllare l’emotività e a eliminare gli uomini al piatto. Grande freddezza. Però, diciamolo, devi lavorare un po’ sul controllo. Di basi ball ne concedi ancora troppe. Non hai un novello Roseboro come catcher che ti insegni il controllo nella stessa maniera in cui lui lo insegnò a Koufax nel 1961?”


Stavolta fu il turno di Kevin di rimanere a bocca aperta.


E tu come fai a saperlo?” In mano teneva una patatina fritta puntata nella mia direzione in modo molto inquisitorio.


Cultura personale.” feci io come se non fosse nulla di che.


La patatina non aveva nessuna intenzione di accettare per buona quella risposta.


Non me la dai a bere, tu manco sai chi sia Santana, come potresti conoscere Roseboro.”


Come non conosco Santana? Santana Moss lo conoscono tutti.”


La patatina si afflosciò davanti a me.


Papà, intendevo Johan Santana, il lanciatore appena acquistato dai New York Mets e vincitore di due Cy Young consecutivi.”


La patatina si agitò per aria come a protestare per la mia incommensurabile ignoranza.


Stavo scherzando. So chi è Johan Santana, l’hanno persino intervistato settimana scorsa davanti a me. Però confesso che ho letto un libro su Sandy Koufax…”


Non so cosa fece la patatina, ma mio figlio sorrise. Un bellissimo sorriso. Largo, felice e riservato a me, solo a me. Era bellissimo. La patatina finì per terra, mentre mio figlio si mise a gridare, scattò in piedi e corse intorno al tavolino dove ci eravamo seduti per abbracciarmi.


Papà, è la cosa più bella che tu abbia mai fatto.” gridò con la faccia nascosta sotto la mia spalla sinistra. Mi venne un blocco in gola. Dissi la prima sciocchezza che mi venne in mente.


Non era stata la Playstation 3 la cosa migliore?”


Sentii la testa di mio figlio muoversi sul mio maglione e andare a sinistra e a destra. Poi alzò il suo musetto per guardarmi, il sorriso adesso era misto a lacrime. Non sapevo cosa dire o fare. Anche io sorridevo e anche io avevo le lacrime lì in equilibrio attorno agli occhi, pronte a buttarsi giù lungo le guance da un momento all’altro.


Nemmeno per sogno. Era solo un regalo e che ti costa farmi un regalo? La mamma dice che di soldi ne hai quanti ne vuoi, quindi non è un grande sforzo. L’hai sempre fatto, sia con me che con mia sorella. Appena ti dimenticavi un appuntamento, eri imbarazzato con noi o c’era un qualche problema ci acquistavi qualcosa. Tanto per metterti la coscienza a posto. Ok, le prime volte era anche bello, ma questo è tutta un’altra cosa, vuoi mettere? Tu odi Sandy Koufax, è notorio -solo il nonno proprio non riesce a capirlo- quindi so quanto questo ti deve essere costato. Non bastava tirare fuori la carta di credito e via, tutto a posto. No, qui ti sei dovuto costringere a fare qualcosa che detestavi, pur di farmi contento. Sei stato un grande. Ti voglio bene, papà.”


Ero diventato rosso come un peperone. Avevo letto quella biografia per godermi quel preciso istante e adesso ero lì impietrito con i goccioloni agli occhi sul punto di mettermi a piangere peggio del bambino di undici anni stretto al mio petto. Cosa potevo fare per uscire da quella situazione così imbarazzante?


Ti compro un altro hamburger? Anzi, no, due hamburger? Tutto il locale?”


PAPAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA’!!!!!”


Scherzavo, scherzavo!”


Mezz'ora dopo eravamo a casa di Liza. Non appena entrai nel vialetto d'ingresso lei sbucò fuori dalla porta. Doveva essere appostata dietro a una finestra.


Siete in ritardo. Vi siete fermati in un fast food, vero?”


Ora, le parole non esprimono bene l'espressione da “lo sapevo che di te non mi potevo fidare, Alvin Santisky.” dipinta sul volto della mia ex moglie. Si era allenata anni per riuscire a farla in quel modo particolare capace di farmi sentire un esecrabile rifiuto dell'umanità.


Questa volta però Kevin corse in mio soccorso, letteralmente schizzando fuori dalla mia macchina.


Mamma, mamma. Papà ha letto un libro su Koufax. Papà ha letto un libro su Koufax. E io ho anche vinto la partita.”


Liza rimase interdetta. Di solito, quando tornavamo dalle partite di baseball, Kevin aveva un sorriso stiracchiato anche se si era portato a casa una vittoria. Quella volta no. Era euforico.


Ed è una cosa buona, immagino.” sorrise divertita Liza vedendo suo figlio così ridanciano.


Fantastica.” gridò Kevin girandole attorno. “Papà si può fermare a cena con noi stasera? ”


Liza fu presa in contropiede. Erano anni che Kevin non formulava una richiesta del genere. Mi guardò interdetta. E io capii. Quella sera a cena c'era anche Stewart. Il suo nuovo compagno. Medico chirurgo, bello, scoccia dirlo, ma è così, intelligente e dannatamente simpatico. A tutti tranne che al sottoscritto. A me stava più sulle balle che Koufax, tanto per intenderci. Odiavo come lo guardava Liza. Era il modo in cui guardava me anni prima. So che è egoistico volere che la tua ex moglie non si innamori di nessun altro dopo di te, ma non riesco a farci niente. Stewart non lo sopporto. E poi lo adora persino Kevin e lì proprio mi vien voglia di prendere a pugni la sua bella faccia da dottorino arrivato.


Liza sapeva dei miei problemi con Stewart e di solito evitava ogni che ci incontrassimo, anche casualmente. Quella sera non era previsto un mio invito a cena. Si morse il labbro imbarazzata.


Kevin mi spiace, mi piacerebbe rimanere, ma non pensavo la giornata andasse così bene. Anzi mi aspettavo un disastro come al solito.” Kevin annuì lo aveva pensato anche lui. “Quindi, non ho annullato una cena di lavoro che avevo in ballo. Ero sicuro di essere a casa per le sette e sono già in ritardo.” Kevin storse un po' la bocca. Liza invece mi sorrise complice. Aveva capito che non c'era nessuna cena di lavoro. La cena era di tutt'altro genere. “Senti Kevin, settimana prossima se me lo permetti verrei a vederti giocare ancora. E, se tuo madre sarà d'accordo, mi fermerò a cena.”


Cappellino dei dodgers e occhiali scuri?”


Risi.


Cappellino e occhiali scuri.”


Può, mamma? Può?”


Liza annuì.


Kevin l'abbracciò, poi abbracciò me. Quindi si fiondò in casa di corsa urlando.


Incredibile. Sembra che tu sia riuscito a combinarne una giusta. Non mi ricordo quand'era stata l'ultima volta con uno della famiglia. Credi di riuscirci due volte di fila?”


Nessun dubbio. Per Kevin devo riuscirci.”


Riuscirai anche a sopportare Stewart a cena?”


Scossi la testa.


Non pretendere troppo.”


Hai ragione. Mi basta e avanza che tu torni a giocare con Kevin.” concluse schioccandomi un bacio sulla guancia. Erano secoli che non succedeva. Arrivata alla soglia si girò. Nei suoi lineamenti c'era una nota di affettuosa preoccupazione. “Alvin, mi raccomando curati un po' di più, ti vedo ingrassato ancora.”


Non sono...” Provai a protestare, ma lei era già rientrata in casa.


Mentre mi allontanavo verso la macchina tastandomi la pancia e ripetendomi che non ero ingrassato ero solo un po' gonfio, ero pervaso da una indefinibile sentimento di appagamento come non lo ero stato da molto, molto tempo. Avevo fatto sentire felice mio figlio e la mia ex moglie, a modo suo, mi aveva detto che nonostante tutto a me ci teneva ancora.


Amo il baseball. Solo il sabato e solo quando gioca mio figlio, ma lo amo.

10 commenti:

angyair ha detto...

Anche Alvin Santisky ha un'anima romantica? Non l'avrei mai detto.... Comunque molto carino, con le finezze di Santisky ex-giocatore Lions e il "telefilm con il tizio che spera che vincano i Bears"....

aLesAN ha detto...

Per ora ho letto solo il commento, ma se Santisky ha giocato nei Lions di football è chiaramente un caso di omonimia rispetto a quello che conoscevo io. :gazza:

Più tardi leggerò anche il racconto (quanto cazzo è lungo? Serve tutto il blog per reggerlo!)

aLesAN ha detto...

Posso fare il pignolo? Ma a LA non è più facile trovare un tifoso di USC che vuol vedere Cal spazzata via piuttosto che il contrario? :gazza:

Comunque bello.

Alvix ha detto...

- dai è suo figlio. con lui può. e poi multi mi aveva chiesto un racconto per la famiglia.

- non è un errore di persona.

- hai ragionissima. originariamente Alvin viveva a san francisco. non ho pensato a correggere la battuta quando ho deciso di posizionarlo a L.A. (potevi essere anche più pignolo).

azazel ha detto...

avrei smesso di leggere sulle scene di sesso ad inizio racconto :roll: ho continuato...e il sentimentalismo languido mi ha lasciato un pò d' amaro in bocca, il tutto viene però ricompensato da un ottimo modo di scrivere (imho).....ma la prossima volta voglio leggere ancora di neri che asfaltano bianchi :paper:

POLPAOL ha detto...

è chiaramente il desiderio di paternità dell'avvocato che prende il soppravvento :paper:
lo devo rileggere fra un paio di giorni che adesso non sono lucido ( così mi hanno suggerito)

therussianrocket ha detto...

sono arrivato a quando alvin santisky legge il libro di Koufax, noto forumista. Stay tuned :forza:

aLesAN ha detto...

HAHAHAHAHAA

Ma chi cazzo è lo scemo messicano che conosce meda??? Dai russo, sei tu, ti abbiamo beccato.

therussianrocket ha detto...

non so come abbia fatto china a postare qui, poteri dei moderatori:) In ogni caso ho letto incredibilmente tutto il racconto, siccome non ne ho letti molti di alvise sarei sul punto di criticare questa amima romantica come è stata definita, ma da quanto intendo dai commenti sia qui che sul forum si tratta di un pezzo un po diverso dai soliti. Pol mi ha rubato le parole di bocca, anche se bisogna precisare che da un padre così non può nascere un figlio intelligente come pico della mirandola, visto e considerato che poi un giocatore di football avrà fatto si e no l'equivalente della nostra terza media.

aLesAN ha detto...

Il QI più alto nel mondo del football lo hanno gli uomini di linea offensiva, lo sapevi? Quelli che, a occhi, hanno fatto la nostra 3^ elementare, le basi: leggere, scrivere il proprio nome, le palafitta e l'età del rame.