Prendiamo a prestito il titolo di un pezzo degli US Bombs che non ha nulla che vedere con questo post, né come titolo né come contenuto. Però ci piaceva, ha qualche assonanza con quanto conclusosi ieri sera, e vogliamo celebrare così l'avvento degli USA nella leadership del soccer mondiale, la grande impresa a stelle e strisce nel gioco più amato del mondo dopo il cricket, la grande rivincita del terzo mondo calcistico (o secondo, fate voi). L'impresa che ha tenuto davanti agli schermi milioni di persone anche perché, da dietro, nessuno vedeva una mazza.
Diciamolo, la Conferedations Cup è una figata, non la guarda nessuno e presenta un 80% di squadre indegne, ma è una figata. Volete mettere con le amichevoluccie di fine campionato contro Islanda, Irlanda del Nord o Polonia. Almeno qui si parla di un torneo ufficiale e nessuno, a parte l'Italia, vi si presenta dicendo che tutto sommato non gliene frega niente di come andrà a finire. Certo, perderla non è un dramma, ma dipende anche da come perdi. E vincerla è sempre meglio che perderla, diciamolo.
Ad ogni modo, la Coppa delle Confederazioni (CC) è un buon antipasto per chi ama il calcio, non ha una cippa di meglio da fare e vede il proprio campionato via via svuotarsi dei talenti migliori. Forse, se in Serie A domani giocheranno solo i Peretti, i Russetti e i Poli la nazionale risulterà compatta e competitiva anche in tornei di seconda fascia.
Quattro passi indietro
Nata come un trofeo amichevole organizzato da non so quale re dell'Arabia Saudita, tempo pochi anni e la Fifa se ne appropriò trasformandola in un torneo ufficiale, prima biennale poi, vista l'alta percentuale di gare soporifere, diventò quadriennale e da giocarsi l'anno prima dei mondiali nella medesima sede di questi ultimi.
Storico il 4-1 dei brasiliani all'Argentina di cui sopra, tristemente famosa anche la partita in cui morì il camerunense Foe. Tutti ricordano l'episodio, nessuno che avvenne in una finale di CC. Si era ancora in epoca biennale, la Francia vinse il suo secondo trofeo dopo quello del 2001 in una bruttissima finale (che io vidi...) contro il Giappone e che già lasciava intendere il clima del mondiale asiatico tanto voluto da Sepp Blatter. Probabilmente la partita più brutta della storia del calcio superata due settimane fa dall'esordio tra Sudafrica e Iraq. 'Na ciofeca.
Il Brasile ha vinto il terzo titolo, una finale la perse, col Messico 4-3, una l'ha vinta l'Argentina e l'altra... la Danimarca, quella campione d'Europa. Proprio quella.
Il Sudafrica
Trofeo spento se non per una paio di match, ma la valutazione la lascio ad altri visto che, lo ammetto, ho seguito poche gare, tutte in modo distratto e senza una vera continuità. Mi hanno colpito gli stadi perennemente vuoti, come se da quelle parti nazionali come Brasile, Spagna e Italia passassero ogni sei mesi per una tournée. Per la Nuova Zelanda sono giustificati, quando passano di là è per un altro sport e per esibizioni di tutt'altro spessore. Il sorteggio per i gironi è tipico da palline calde: Italia-Brasile non ce la vogliamo perdere e le sistemiamo insieme, se va di culo ci scappa pure il finalone con 9 coppe del mondo in campo. Per evitare figuracce inseriamo le due potenzialmente più scarse col Sudafrica, la Spagna teniamola pure, tanto col secondo posto si passa e speriamo che l'Italia vinca il girone che magari facciamo anche la bella figura di buttarli fuori. Purtroppo per loro sono arrivati tardi.
Tremende le trombette, auspico un mondiale col “mute” della TV perennemente attivato. Peggio ci sono state solo le trombe dell'Intercontinentale a Tokio ai tempi del culo di Sacchi. Gli stadi non ho capito se siano belli o brutti ed ho seria difficoltà coi nomi delle citt anche se, un giorno, non mi dispiacerebbe vivere a Pretoria.
Il torneo e le squadre
Gli USA (voto 9) sono la rivelazione per dove riescono ad arrivare. I problemi nella preparazione del torneo sono stati soprattutto trasformare Donovan da quarterback a regista (troppo basso per il primo ruolo), Dempsey da playmaker a punta (pessimo palleggio) e Bocanegra da cantante di feste latinoamericane in difensore (poca estensione vocale). Il resto è stata una discesa. Sfortunati con l'Italia dove rimangono in dieci se no, chissà, ridicolizzano poi l'Egitto e l'Invincibile Armata spagnola. Per 45 minuti sognano di arrivare in cima al mondo, poi negli spogliatoi gli dicono che non conta una mazza e che in Patria non se li cagherebbe comunque nessuno e si demoralizzano. Peccato. Il sogno americano svanisce su un colpo di testa del commovente Lucio, sollevato direttamente dalle mani del Cristo per giungere lassù, più in alto di tutti.
La Spagna (voto 7) sottovaluta gli USA e si fa mandare a casa, poi si diverte nella finalina che se già conta poco ai mondiali figuriamoci qua. Questi fanno paura, sono giovani, bravi tecnicamente, pieni di gente che la butta dentro. Di solito però ai mondiali si sciolgono, vediamo se sarà ancora così. Certo è che, dopo che la Nuova Zelanda ci aveva impensierito in amichevole ero curioso di vederla all'opera con gli iberici; ho acceso il televisore con 20 minuti di ritardo e l'ho spento subito leggendo un tragico risultato.
Le altre lasciano poco o nulla, la Nuova Zelanda (voto 10 perché ha esultato per uno 0-0 con l'Iraq più di quanto non abbia fatto il Brasile e questo senza appartenere a Gesù) la chiamano All Whites e non so se sia vero o un'invenzione di Galeazzi. Sarebbe ridicolo. L'Egitto (voto 7 perché batte l'Italia) fa pena ma infastidisce il Brasile e sconfigge gli Azzurri. Poi con gli USA torna quello di sempre. L'Iraq (voto 3) semplicemente scende in campo nelle 3 più brutte partite del torneo: una parte di colpa l'avranno loro, no?
I goal più belli? La punizione del solito Mphela per i padroni di casa al 93° della finalina, una sassata storica. E, al primo posto, il contropiede degli USA finalizzato benissimo da Donovan nella finalona. Ho immaginato il buon Spicci in piedi sul divano che si lanciava verso il lampadario della sala per appendersi esultante.
Commenti e l'sms dell'anno
Splendido il siparietto di Massimo Mauro dopo l'eliminazione degli Azzurri: “ora che siamo fuori posso dirlo, questo torneo non conta nulla, non me ne frega niente”
La D'Amico prova a intervenire e lui “l'Italia nei tornei che non contano non si impegna, se ne frega”. Apro una parentesi: e far pagare le spese di viaggio, vitto e alloggio a questi 20 cerebrolesi che vanno là per fare una sega? Mandare un bel certificatino no?
La D'Amico: “va beh, si diceva così anche della Coppa Intercontinentale, poi ci sono squadre che su quella coppa ci hanno costruito momenti di gloria”
Mauro:”si vabbé altra cosa, per fare l'Intercontinentale devi vincere la Champions o l'altra coppa, tutta un'altra storia”. Nessuno ribatte quando un bel “coglione, per fare 'sta merda di torneo devi però vincere o il mondiale o l'europeo, presente? Quelle coppe che, per fortuna, hai sempre visto in TV” In Parlamento ci stava bene, ma a volte capisco che anche in quel luogo certa gente sia fuori posto a prescindere.
Sorvolo sui giornalisti di ieri sera del tragico canale 200 di Sky, l'uomo almeno ammette la propria ignoranza sugli sport americani e non mostra troppa sorpresa quando vede che, in alcuni siti, la notizia della sconfitta USA è in secondo piano rispetto al baseball. Ma pensare che il sito visionato poco prima sia quello di Sport International e non Sport Illustrated sarebbe da licenziamento in tronco anche in Angola.
“Bestia è inutile a parte il mondiale 82 dobbiamo chiederci come abbiamo fatto a vincere 4 mondiali: dei primi 2 non ci sono le immagini l'ultimo ai rigori”
Come direbbe Landon Donovan: period.
"A big ol' monkey off my back". Ecco le parole con cui Kobe Bryant ha descritto il suo quarto titolo di carriera, sottolineando, con quella particolare espressione, di essere finalmente riuscito a vincere da solo, da leader assoluto dei suoi Los Angeles Lakers, senza dover condividere il proscenio con un'altra superstar di uguale grandezza. Quella monkey aveva piuttosto assunto le dimensioni di un gorilla, o meglio di un godzilla, o meglio ancora di un Shaq-zilla: era difatti dal quel giugno 2002, da quel tremendo sweep terminato con la classica miriade di carte, cartacce e cartine che gli americani chiamano confetti che ricopriva il la pavimentazione in legno dell'impianto dei New Jersey Nets, che Kobe Bryant, pur essendo già entrato tra i più vincenti di sempre, aveva una missione chiara da completare nella sua vita di giocatore, a qualsiasi costo.

Una parola, anche di più, pare giusto spenderla anche per i perdenti, ovvero quegli Orlando Magic la cui presenza a queste Finals era del tutto impronosticabile, e che se non altro sono riusciti a vincere la prima gara di finale della loro storia, dopo aver terminato la prima esperienza con un cappotto al passivo per mano di Houston, nell'oramai lontano 1995. Ai ragazzi dell'apprezzabile Stan Van Gundy va il grandissimo merito di essere arrivati all'atto conclusivo percorrendo una strada più difficile rispetto a quella dei Lakers, arrivando a battere Boston in sette partite, pur senza Kevin Garnett, vincendo la partita decisiva fuori casa, e soprattutto mettendo la parola fine a tutte quelle maledette speculazioni sulla serie finale "voluta" dalla Nba, Kobe vs Lebron, con quest'ultimo ancora una volta troppo solo per riuscire nell'impresa, e troppo frustrato (ed immaturo) persino per riuscire a dare la mano agli avversari al termine di quella gara 6 nella quale Orlando aveva sgominato quella che pareva essere la corazzata incontrastabile della Eastern.
Per il resto restate sintonizzati, in fondo non manca poi così tanto alla fine di ottobre. 


